Il fenomeno dell'Opera lirica

Importante ma spesso sottovalutato: il Libretto

L’Archivio Storico Ricordi vanta una vasta raccolta di libretti, che Giovanni Ricordi comincia presto ad accumulare accanto al materiale musicale. La collezione può essere suddivisa in cinque gruppi: libretti manoscritti, libretti dattiloscritti, libretti stampati a partire dal primo Seicento, libretti stampati e non musicati, abbozzi. Dei libretti stampati si hanno diverse copie, in parte utilizzate dall’editore per annotare le proprie osservazioni sulla messinscena e le reazioni del pubblico durante la rappresentazione: a differenza delle recensioni pubblicate dopo lo spettacolo, si tratta di testimonianze immediate della storia degli allestimenti. Il libretto, fin dalla nascita dell’opera e nei quattro secoli della sua esistenza, è sempre stato oggetto di discussioni e valutazioni diverse. Considerando la vasta raccolta nell’Archivio, non si può dubitare del suo ruolo, anche se all’importanza assegnatale concorrono considerazioni di carattere sia commerciale che artistico: l’acquisizione dei diritti su un libretto era sovente il primo passo da compiere in vista della produzione di un’opera; la mancanza di un buon libretto era una ragione che ne impediva la realizzazione. Per tutta la vita Verdi fu alla ricerca di un buon librettista per un’opera che avrebbe dovuto avere come soggetto il Re Lear di Shakespeare, ma che non fu mai composta: quando nella vecchiaia fece la conoscenza del librettista adatto, cioè di Arrigo Boito, era ormai troppo tardi.

Il restauro, la relativa catalogazione e digitalizzazione di questa considerevole raccolta dell’Archivio Storico Ricordi, renderanno accessibile un inedito patrimonio di inestimabile valore per la ricerca specialistica. Senza dubbio ciò consentirà un’indagine nuova delle tematiche e delle fonti letterarie preferite dai compositori, ma anche riguardo alle evoluzioni del linguaggio librettistico. La presentazione multimediale di diverse versioni ed edizioni testuali dei libretti, che ne illustrano la storia, integrata da stralci degli scambi epistolari, permetterebbe di comprenderne più approfonditamente la genesi, e quindi dello sviluppo del libretto come elemento della drammaturgia operistica. La collezione di libretti dell’Archivio Storico risale al XVII secolo, attraverso l’acquisto dei fondi di stamperie e case editrici, nonché di raccolte teatrali, sono confluiti nell’archivio anche diversi reperti di data anteriore alla fondazione della ditta. Attualmente si lavora alla catalogazione di tutti i titoli. Si tratta di libretti manoscritti, dattiloscritti e stampati, alcuni con annotazioni a margine, brevi sunti, e bozze. Un documento particolare della collezione è rappresentato da un libricino che riassume la cronaca delle rappresentazioni dello Stabat Mater di Rossini a Bologna e Milano nell’aprile del 1842. Raccoglie annunci, programmi di sala e appunti autografi di Giovanni Ricordi, una specie di “protocollo d’ascolto”, ma anche osservazioni relative agli incassi (si tratta di concerti di beneficenza per gli orfanatrofi), al numero dei coristi e alle reazioni del pubblico.

La raccolta è costituita per la maggior parte dai libretti stampati, dato che per ogni opera veniva archiviato un esemplare della “prima”, e poi le varie edizioni destinate alle repliche in altri teatri, anche all’estero. Con l’acquisto dell’archivio della Scala, la collezione di libretti si arricchì di diversi pezzi rari del Seicento e Settecento. L’Archivio Storico custodisce anche rari esemplari di libretti che registrano gli interventi delle autorità preposte alla censura, morale o politica, sia in epoca risorgimentale che fascista.

I libretti delle opere di Verdi, ad esempio, negli anni precedenti l’Unità d’Italia, cioè fino al 1861, sono soggetti alla censura. Essa si inasprisce soprattutto dopo la repressione dei moti rivoluzionari del 1848/49. Accanto alla generalmente diffusa censura politica, ci fu anche una serie di casi di censura motivata da considerazioni morali o religiose, che variavano da una città all’altra e venivano impugnate soprattutto nello Stato della Chiesa. L’Archivio Storico illustra, attraverso la sua collezione di libretti, lettere e altri documenti, diversi aspetti di questa censura che colpì, tra i titoli più famosi, opere come Un ballo in maschera o La traviata. Che sul palcoscenico dell’opera non s’incontrassero più nobili ed eroi, bensì borghesi (Luisa Miller), gobbi (Rigoletto) e cortigiane (Violetta Valéry), che vi venissero dibattuti conflitti politici e domestici, era comunque una novità. Nel 1853, cioè prima dell’Unità d’Italia, il libretto de La traviata presentava diversi problemi perché rappresentava delle opinioni libertine e riconosceva loro un diritto emozionale. Le diverse edizioni del libretto conservate nell’Archivio ne sono una palese dimostrazione. Un’edizione del 1853 contiene le modifiche che la censura ritiene necessarie perché possa essere rappresentata a Bologna. Nell’aria del brindisi nel primo atto, Libiamo, libiamo, ad esempio, la riga del testo Croce e delizia al cor si trasforma in Duolo e delizia al cor, per evitare il collegamento della metafora della croce con una cortigiana. In un altro esemplare del libretto, la parola “croce” è sostituita con “pena”. Un esemplare del 1860 è provvisto del titolo meno scandaloso e più neutrale di Violetta; un altro modifica il testo dell’aria suddetta riguardo al motivo dell’ebrezza amorosa e sostituisce i relativi passi con frasi più vaghe, che si riferiscono non tanto ai piaceri carnali quanto al consumo di alcool. La serie dei libretti de La traviata è completata da edizioni in francese, inglese, tedesco e ceco.

Tra i libretti autografi sono meritevoli di menzione quello di Luigi Illica per l’Iris di Mascagni, la versione riveduta del libretto di Simon Boccanegra con interventi autografi di Verdi e Boito, che intorno al 1870, nell’ambito della loro prima collaborazione, si dedicarono intensamente alla sua rielaborazione, le bozze per il libretto de La Figlia di Jorio con le correzioni autografe di Gabriele d’Annunzio (musica di Alberto Franchetti) e il libretto per I cavalieri di Ekebù di Arturo Rossato (musica di Franco Alfano) con annotazioni del librettista e del premio Nobel Selma Lagerlöf, l’autrice del racconto su cui era basato il testo. L’Archivio custodisce, inoltre, numerose bozze preparatorie di libretti contemporanei. La straordinaria concentrazione in una sola raccolta di una tale molteplicità di documenti, offre un’opportunità unica di studio delle fonti, che rende quindi possibile una ricostruzione esatta della genesi dei vari libretti.