“Lo trovo magnifico quando dirigi Berio e Nono … Evviva l’Italia!”
L’Archivio rispecchia anche l’evoluzione della musica colta contemporanea in Italia e oltre confine. Documenta, infatti, un periodo importante della storia musicale europea dopo il 1945. A partire dagli anni Sessanta, dall’Italia provengono impulsi decisivi per il teatro musicale, che non mancano di ripercuotersi a livello internazionale. Bruno Maderna, Luciano Berio, Luigi Nono, Franco Donatoni, Giacomo Manzoni, Luca Lombardi, Sylvano Bussotti, Salvatore Sciarrino, Giorgio Battistelli e tanti altri, sono i rappresentanti di posizioni estetiche estremamente diverse: dal teatro musicale politicamente impegnato di Nono e Manzoni, al gioco sperimentale con forme della memoria e della tradizione operistica di Luciano Berio e Salvatore Sciarrino, dall’impiego dell’elettronica da parte di Bruno Maderna alle innovative performance di danza e istallazioni di Sylvano Bussotti e Giorgio Battistelli, fino alla Literaturoper di Luca Lombardi, cioè l’intonazione diretta del testo letterario. La crescente internazionalizzazione ed estensione del ventaglio editoriale, oltre alla messa in discussione anche in Italia del primato del teatro musicale, fanno sì che la musica strumentale acquisti progressivamente un’importanza paritaria nell’ambito delle attività editoriali. Il patrimonio dell’Archivio comprende un gran numero di partiture (soprattutto autografe) di musica vocale e strumentale contemporanea, che illustrano il panorama musicale italiano tra il 1960 e il 1990. A ciò si aggiungono libretti, corrispondenza, raccolte di recensioni e fotografie. I compositori summenzionati sono largamente rappresentati in Archivio con le loro opere, che costituiscono una raccolta di inestimabile valore per la ricerca storiografica e per la compilazione di studi comparatistici e monografie sulla musica del XX secolo.
Ad esempio, le partiture di Sylvano Bussotti sono un modello esemplare non solo di innovazione formale del teatro musicale, che utilizza elementi del balletto e si ispira all’estetica della performance, ma anche di nuove forme di notazione e presentazione della musica: le sue composizioni sovente concepite come installazioni, come La passion selon Sade (Mystère de chambre avec tableaux vivants) del 1965, Bergkristall (Poema coreografico) del 1973 o BUSSOTTIOPERABALLET del 1987, sono documentate attraverso gli straordinari autografi custoditi nell’Archivio. Bussotti è un allievo di Dallapiccola, il grande stimolatore e individualista, e su invito di Pierre Boulez e Heinz-Klaus Metzger, già dalla fine degli anni Cinquanta ha occasione di presentare i propri lavori ai corsi estivi di Darmstadt. Pertanto dalla documentazione relativa all’opera di Bussotti, oltre all’orientamento internazionale di Ricordi, anche il genere del teatro musicale come opera d’arte totale emerge ancora una volta in una dimensione tutta nuova, che investe anche il campo della pittura, dell’installazione e della coreografia. Un quadro esauriente in proposito è fornito da autografi, corrispondenza, foto e recensioni.
A questo punto si potrebbero citare numerosi altri esempi, e una particolare attenzione andrebbe dedicata alla scelta dei testi dei vari compositori: ad esempio la collaborazione di Luca Lombardi con Edoardo Sanguineti per Nel tuo porto quiete. Un requiem italiano (1985) per l’opera indicata come “un travestimento” e intitolata Faust (1990), il cui libretto è stato tradotto per la rappresentazione tedesca dal drammaturgo e librettista Claus-Hobe Henneberg. In collaborazioni di questo tipo tra il compositore e l’autore dei testi, la tradizione dei geniali sodalizi artistici, che con Mozart-Da Ponte, Verdi-Boito e Strauss-Hofmannsthal, ha saputo produrre dei capolavori immortali, si ripropone quindi in un’ambientazione moderna, non meno significativa sotto il profilo intellettuale, dei contesti storici sopra menzionati. Un caso milanese, a tal proposito, è la collaborazione del compositore Luciano Chailly con Dino Buzzati. Chailly, padre del direttore d’orchestra Riccardo Chailly, è tra l’altro allievo di Hindemith e una delle figure di spicco del moderno teatro musicale italiano. Buzzati, il cui romanzo Il deserto dei tartari è divenuto famoso in tutto il mondo, grazie alla sua affinità estetica con la letteratura fantastica, sviluppò un tipo di libretto di carattere surrealista, che costituisce un’interessante variante della Literaturoper. Per Chailly redasse parecchi libretti: Ferrovia sopraelevata (Bergamo 1955), Procedura penale (Como 1959), Il Mantello (Firenze 1960), Era proibito (Milano 1963). Il Mantello, di contenuto pacifista, illustra con suggestiva efficacia il dolore di una famiglia che ha perso un figlio in guerra. Ai famigliari che ne attendono il ritorno, egli appare come una specie di morto vivente, con una ferita sanguinante sotto il mantello. Buzzati non lo fa parlare, ma soltanto balbettare vocali e consonanti sconnesse. Questa parte viene trasposta da Chailly in un corrispondente parlato: nella partitura si dice al riguardo che la parte è “tutta nugolata, vocalizzata, gutturalizzata, intozzata o belata”. Con l’ausilio di note doppie, inoltre, Chailly indica una tecnica vocale “come in un rantolo”. Per stabilire il collegamento con l’aldilà, si osserva in una recensione alla prima (12 maggio 1960, Il Messaggero), Chailly fa ricorso alle Ondes Martenot, uno strumento elettronico monofonico, impiegato a partire dagli anni Trenta da Milhaud, Messiaen e Varèse. Nella sua recensione dell’opera, Massimo Mila sottolinea dal canto suo il “parlar cantando” che fa di Chailly un maestro della recitazione drammatica (29 maggio 1960, L’Espresso). Il tema dell’opera Era proibito è una critica del capitalismo in chiave surrealista, in un ufficio dove gli impiegati sono assoggettati a un severo ritmo di lavoro (“era proibito parlare, cantare, amare”), viene inscenato il ritorno della luna (anch’essa “proibita” da novant’anni) come immaginaria liberazione. Buzzati inserisce tra l’altro un coro degli impiegati, che con suoni onomatopeici imita il lavoro. L’Archivio dispone di un abbozzo del libretto con correzioni di Buzzati, di bozze di stampa e della partitura autografa di Chailly.
Il vivace scambio tra compositori reso possibile dai corsi estivi internazionali di Darmstadt e da altri festival della musica d’avanguardia, concorse probabilmente, insieme ad altri fattori, anche alla crescente internazionalizzazione della Ricordi. Anche per questo l’Archivio dispone oggi di numerosi lavori di compositori non italiani, come Youngi Pagh-Paan, Gerard Grisey o Hans Werner Henze.